Franco Leo e Anna Maria Marucelli / Scrivimi molto e a lungo – attivalamemoria

Franco Leo e Anna Maria Marucelli / Scrivimi molto e a lungo

(2 recensioni dei clienti)

 14,00

Scrivimi molto e a lungo
Lettere tra un prigioniero e una madrina di guerra
prefazione di Stefano Pivato
Milano, Terre di mezzo, 2014
pp. 296

 

Descrizione

Franco Leo e Anna Maria Marucelli
Scrivimi molto e a lungo
Lettere tra un prigioniero e una madrina di guerra
prefazione di Stefano Pivato
Milano, Terre di mezzo, 2014
pp. 296 – € 14,00

 

Anna e Franco iniziano a scriversi nel 1940, ma non si conoscono.
Lei è una madrina di guerra, manda lettere al fronte, in Libia, per confortare i soldati; lui è un tenente dal carattere forte, allergico alla vita in abiti civili. Dopo le prime diffidenze, nasce una bella amicizia, condita con tanta ironia.
Questa fitta corrispondenza, avvincente come un romanzo, segue Franco in India quando viene fatto prigioniero dagli inglesi, e continua fino alla fine del 1946, ben oltre il termine delle ostilità, quando finalmente Franco tornerà in Italia e i due si potranno incontrare per dirsi l’amore nato tra le righe.
Anna Maria Marucelli (1913-2005) e Francesco Leo (1913-1983) si sono sposati nel 1948 ad Assisi.
Si sono stabiliti a Milano e hanno passato la vita felicemente insieme ai loro due figli.

Informazioni aggiuntive

Peso 287 g

2 recensioni per Franco Leo e Anna Maria Marucelli / Scrivimi molto e a lungo

  1. Marco

    “Scrivimi molto e a lungo” è un capolavoro del genere epistolare. Simbolo al contempo di eleganza, intelligenza, tenacia, straordinarietà. Potrebbe essere fatto leggere agli studenti che a scuola affrontano la Seconda Guerra Mondiale, per il modo intimo ma chiaro con cui restituisce l’Italia incerta e confusa di quegli anni.
    Anna e Franco “si trovano” e per 6 lunghissimi anni instaurano attraverso la sola parola scritta un rapporto che nel tempo diventerà più forte, più intimo, più maturo…basato su chiarezza, sincerità, onestà morale e intellettuale.
    Non si tratta di letteratura in senso stretto, ma questo certo non sminuisce il valore – altissimo – che questo epistolario assumerà agli occhi del lettore. C’è perfezione stilistica, coerenza morale, coscienza civica, consapevolezza politica; ma soprattutto senso del dovere e rispetto per sé stessi e per gli altri. Un amore coltivato quotidianamente con tenacia e coraggio, che fonderà queste due anime lontane e le farà andare mano nella mano per la stessa strada, nella stessa direzione, in quella rara unione d’intenti e di sentimenti che rende speciale e unico un incontro. Un amore. Una vita.

  2. Ilaria

    Vincitore nel 2013 del Premio Saverio Tutino presso la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, il volume raccoglie l’epistolario di guerra (1940-46) di Franco Leo (tenente milanese in Libia e poi prigioniero nel carcere di Yol, in India) e Anna Maria Marucelli (“madrina di guerra” di quest’ultimo, crocerossina, impiegata e insegnante fiorentina).
    Il meccanismo di corrispondenza tra una madrina e il suo soldato durante la seconda guerra mondiale prevedeva un supporto e conforto morale, una vicinanza lontana ma instaurata spesso in modo del tutto casuale. La prima lettera di Anna, andata perduta, è infatti indirizzata a un indefinito “tenente che non riceve mai posta”. Accolta dal militare con diffidenza, questa conversazione/monologo continuerà in modo più o meno frequente, ostacolata dalle Commissioni di censura e dai tempi dilatati del Servizio Postale; ma si farà allo stesso tempo più coinvolgente così da diventare un’attività abitudinaria per i due, un sostegno per il dolore delle contingenze storiche, immerso nel campo semantico dell’impalpabile («sapessi che impressione strana fa affidare le proprie parole che sono una parte di noi stessi, all’incognita: arriverà a destinazione? Pare quasi di scrivere a un essere irreale» p. 44; «quasi che tra me e te si fosse stabilita una strana telepatia» p. 93; «quel senso indefinibile che ho per te» p. 131). I km che dividono (ma avvicinano spiritualmente) i due sconosciuti finiscono col farli parlare di cose estranee all’attualità: nelle lettere c’è molta vita quotidiana, che però galleggia nella monotonia nonostante la voglia di trovare «argomenti carini e simpatici» e la paranoia di non essere abbastanza interessanti, di deludere l’altro nel momento del fatidico incontro di persona; o ancora della possibilità che la corrispondenza si interrompa in seguito o diventi meno spontanea.
    Lui, personaggio sicuro di sé, colto e dinamico, vulcanico, avventuriero in terra africana («era più bella la vita fra gl’incivili [che in] ufficio» p. 26), ma mai scoraggiato seppur sofferente dentro il reticolato della prigione indiana, esposto a quel «sole a scacchi» che ha trattenuto gran parte delle milizie perdenti in seno al conflitto. Si mostra inizialmente sospettoso nei confronti della corrispondente misteriosa, ma incuriosito, e una volta assicuratosi del bell’aspetto di quest’ultima si presenta in modo arguto promuovendo se stesso in terza persona. Franco preavvisa la propria svogliatezza e pigrizia nella corrispondenza («Non ricevo posta […] perché sono io che non scrivo mai» p. 13), che diventerà invece un’attività premurosa e poi pretesa all’interlocutrice.
    I due corrispondenti non risultano mai banali: come lui è un uomo granitico, equilibrato e diverso dagli altri; così lei è tutt’altro che frivola, una «donnina con la testa sulle spalle» che non capisce le sue simili e rifiuta le frequenti ma immotivate proposte di matrimonio ricevute. Anna è una donna matura, già quasi trentenne, e il suo ruolo di madrina, ora materna, ora sororale, via via si tramuta in quello di una confidente appassionata. Scrive sempre al suo soldato che i momenti peggiori sono finiti, desidera costantemente che gli italiani «ricostruiscano», ed esorta un nuovo inizio («dobbiamo riconquistare il nostro posto nel mondo» p. 98), ricordando in ogni lettera e con un frasario dolce l’attaccamento dovuto alla Mamma Patria. Tra un incoraggiamento e l’altro, la crocerossina allega anche qualche nota di spettacolo, raccontando a Franco la trama di opere teatrali/cinematografiche/operistiche per intrattenerlo; spesso scrivendo in compagnia della radio e descrivendo i brani on air del momento specifico. In un primo tempo la donna parla quasi più delle vicissitudini dei familiari di lui che di se stessa o dei propri cari (in parallelo appunto si dispiega una nutrita corrispondenza con la famiglia Leo). Poi la depressione prende piede fino a far diventare le sue lettere una valvola di sfogo per l’esaurimento nervoso certificatole dal medico. Anna discorre della propria routine (costante l’espressione «Qui la solita vita»), della precarietà lavorativa e del buio destino da impiegata; anche se la sua mente continua a girare attorno al ritorno in patria del soldato, quasi sempre imminente, e alla sua prigionia, condizione ugualmente monotona ma meno svilente: egli infatti mantiene un certo senso dell’umorismo, consapevole di dover risollevare a sua volta la propria madrina.
    Nei ritagli di tempo dedicati alle lettere Anna fantastica di stare un po’ con Franco, come in una bolla atemporale e a-geografica. Con domande retoriche lo invita a passare il tempo assieme, a guardare il tramonto, a fare passeggiate per la Roma del centro storico o in quella disastrata dell’immediato dopoguerra; ad accompagnarla nella visita di una Milano malridotta.
    I due provano a venirsi incontro anche a livello fisico scrivendosi spesso, in modo irriverente, tra paternali e ramanzine, di tirarsi i capelli, di darsi scapaccioni o timidi bacetti. Come pure tornano sempre i vezzeggiativi confidenziali e i motti («Sursum corda!», ossia In alto i cuori!). Si tratta di azioni/riti tattili sui quali i protagonisti fanno perno per portare avanti il rapporto a distanza.
    Nel testo vengono chiarite le circostanze epistolari (la limitata disponibilità di carta in prigione, l’assenza di brutte copie, la raccolta in ordine cronologico delle lettere e ancora qualche riferimento metatestuale: Anna legge Matrimoni nella bufera rossa – Diario di una donna russa di Alexandra Rachmanowa, mentre Franco, che invece non ha «mai scritto un diario personale in 33 anni» p. 161, ripensa alle prime lettere perdute, chiedendosi cosa ci fosse scritto). Vengono affrontati i temi della censura (alcuni punti sospensivi lasciano intendere il non-detto), i tempi lenti delle poste (aeree, civili), la borsa nera e ancora la fine della Guerra, le elezioni del 2 giugno 1946, il precariato, la voglia e l’impossibilità di espatriare oltreoceano, la posizione ambigua del Governo in merito al rimpatrio, le idee politiche, i cliché sui comportamenti degli stranieri e di certi conterranei imbarbariti, fatalisti e ipocriti. Sono frequenti anche i dibattiti e i confronti sui temi dell’adulterio, dell’astinenza e del matrimonio, affrontato in tutte le salse e infine, dopo tanta attesa (soprattutto da parte del lettore), coronato.

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