Armando Zanchi / Il giro della vita – attivalamemoria

Armando Zanchi / Il giro della vita

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Il giro della vita
Storia esemplare di un individuo flessibile
memoria 1940-1957
prefazione di Luca Ricci
Milano, Edizioni Unicopli, 2001
pp. 170

 

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Descrizione

Armando Zanchi
Il giro della vita

Storia esemplare di un individuo flessibile
memoria 1940-1957
prefazione di Luca Ricci
Milano, Edizioni Unicopli, 2001
pp. 170

Nella presentazione del suo scritto Zanchi si rivolge ai giovani “la quale vita, purché sofferente per mancanza di lavoro, ma che ancora andando a tavola, trovano ogni ben di Dio.” La sua infanzia è infatti caratterizzata dalla miseria e dalla fame. Costante è la ricerca del cibo: è bambino e deve elemosinare, rubare castagne, cercare spighe di grano e patate dopo il raccolto. La sua famiglia è numerosa e tutti, in cambio di un pasto, lavorano a giornata dai contadini o al mattatoio comunale. Anche con il fascismo, la guerra e l’arrivo degli Alleati, continuano ad arrangiarsi per mangiare e “tirare avanti la baracca”, ricorrendo a vari espedienti suggeriti dalla fame che “fa venire l’intelligenza”. “Io mi ero dotato”, scrive, “di una carta giografica di tutti i frutti esistenti nella zona” e rubacchiando qua e là “il corpo un po’ alla meglio si aiutava”. Solo durante il periodo del servizio militare a Casale Monferrato non avrà problemi per mangiare. La successiva emigrazione in Francia, come tagliaboschi nei Pirenei, è forzata, faticosa, inumana, ma lui la coglie come una occasione per “avere qualche soldo da poter spendere, e spandere, dopo tanto tempo di male al portafoglio”. Quando un amico gli propone un lavoro meno faticoso in Inghilterra, parte di corsa. Arriva a Londra da solo, non parla inglese e alla stazione cerca di riconoscere qualche italiano per chiedere spiegazioni sul luogo dove deve andare. In Italia andavano di moda le scarpe con la punta molto pronunciata, così: “l’unica idea che mi passò per la mente era di guardare alle scarpe”. E ha ragione, trova subito un calabrese che gli consiglia di prendere un “tacchino” (vuol dire taxi). Poi una signora torinese gli dà un passaggio in macchina. Il soggiorno in Inghilterra, nonostante il fidanzamento con un’inglesina, si rivelerà disastroso. Spendendosi in mille modi Zanchi sa farsi voler bene e anche stimare, ma proprio per questo non accetta di essere preso in giro da padroni altezzosi. Decide dunque di mollare tutto e di andare a raggiungere i fratelli a Parigi. Ma anche qui con i continui incidenti tra polizia francese e indipendentisti algerini non tutto va per il meglio. Armando ricorda comunque un memorabile pranzo di Natale al ristorante “da veri cristiani, senza guardare a spese” e poi “la solita giratina per il Pigalle”. Alla fine degli anni Cinquanta decide di tornare a casa e “finire per sempre dal farmi sfruttare in terra lontana”.

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